L'interpretazione della commedia

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La morale dichiarata del pezzo si ricollega all'ars amandi, dunque ad un'arte al tempo riservata agli uomini: l'uomo deve essere messo in guardia da malizie e tranelli escogitati dalle donne, furbe e dotate di armi pericolose. Almeno il brevissimo monologo finale di Mirandolina si inquadra in questa lettura (Terzo atto, scena ultima):

  « ...e lor signori ancora profittino di quanto hanno veduto, in vantaggio e sicurezza del loro cuore; e quando mai si trovassero in occasioni di dubitare, di dover cedere, di dover cadere, pensino alle malizie imparate, e si ricordino della Locandiera. »

Si tratta comunque di una morale pro forma, dato che Goldoni stesso nutre per lo più simpatia per il personaggio di Mirandolina. È infatti uno dei pochissimi che non deve la sua comicità a ridicoli difetti: piuttosto il pubblico riderà della sua maliziosa furbizia. L'introduzione del pezzo (L'autore a chi legge) propone una lettura più semplice e convincente, parlando dei difetti del cavaliere e della sua tendenza a incappare in situazioni di sofferenza ed avvilimento. Se ci si concentra sui caratteri dei personaggi, si noterà come la furbizia e la malizia di Mirandolina vincono sulla presunzione e sull'ostinazione del cavaliere.

Immagine

Antonio Maria Esquivel: 1854 Museo delle Belle Arti, Siviglia

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